Maschera Mezza Larva, il Prodotto:
La maschera in cartapesta mezza Larva è un manufatto interamente realizzato e colorato a mano presso la nostra bottega di Via Giuseppe Verdi. Questo manufatto è una libera interpretazione della larva veneziana. La maschera è realizzata su nostro disegno e calco. Per realizzare questo manufatto utilizziamo carta e colla. Riportiamo qui sotto la storia della Larva Baùta.
La Baùta o Larva si può definire la maschera per eccellenza.
Anche se la baùta o bautta ha conosciuto il massimo successo tra XVII e XVIII secolo, le sue origini si perdono ben prima nel tempo; la sua prima attestazione data al XIII secolo, e resta in voga fino alla caduta della Repubblica di Venezia, alla fine del XVIII secolo. Il primo documento ufficiale che dichiara il Carnevale di Venezia una festa pubblica è un editto del 1296. Il Senato della Repubblica dichiarò festivo il giorno precedente alla quaresima.
In quest’epoca e nei secoli che si succedettero, il carnevale durava sei settimane, dal 26 dicembre al mercoledì delle Ceneri. Talvolta il carnevale cominciava i primi di ottobre. I veneziani indossavano maschera e costume celando la propria identità, e annullando classe sociale sesso o religione. Quando si incrociava un “personaggio” si soleva dire semplicemente: -Buongiorno siora màscara-.
Tra tutte le maschere di Venezia, la baùta era quella alla quale era permesso di vagare per calli e campi:
anche nei giorni di San Marco e dell’Ascensione, per l’elezione di dogi e procuratori, quando le altre maschere erano bandite. E non è tutto: poiché la maschera è, per definizione, lo strumento per diventare qualcun altro, non solo i nobili avevano diritto al suo utilizzo, bensì anche le classi meno abbienti. Tutti potevano mascherarsi a Carnevale, le distinzioni di ceto e di sesso cadevano, la bàuta permetteva la massima libertà e soprattutto nessuna differenza, tutti simili e tutti confondibili in un garantito e rispettato anonimato.
L’origine del nome viene dal tedesco Behuten (proteggere)
infatti protegge da sguardi altrui la vera identità di chi la indossa. La baùta-costume è il travestimento nel suo insieme. Comprende cioè la larva (baùta- maschera) lo xendal o roccolo di pizzo, il tricorno (cappello a tre punte solitamente nero) e il mantello, successivamente sostituito spesso dal tabarro. “Xendal” deriva dalla contrattura della parola “cendale” o “zendale”, che rappresentava una lunga stola in origine di taffettà di seta con la quale le dame si coprivano il capo e le spalle e che si arricchì nel tempo fino a diventare totalmente in pizzo e a forma conica e chiusa. Questo tipo di accessorio venne in seguito usato anche dagli uomini perché garantiva l’assoluto anonimato e l’impenetrabilità degli sguardi una volta messa la maschera.
La baùta-maschera che copre il volto viene detta “Larva”
Era inizialmente di color nero, poi bianca, fatta in gesso, cartapesta o cuoio. La forma ricopriva tre quarti del volto lasciando leggermente visibile il mento e presentava due fori ellittici per gli occhi, gli zigomi evidenziati e lo spiovente che partiva da sotto il naso allargandosi come un becco. Con questa conformazione diventava una cassa armonica che rendeva chiusa e contratta la voce deformandone il timbro. La sporgenza che assumeva o di punta o sui fianchi discendenti dagli zigomi era anche un modo comodo per poterla impugnare una volta tenuta in mano. La sua forma permetteva di bere e mangiare senza doverla togliere, garantendo così l’anonimato.